Stampanti 3D

Le stampanti 3D stanno diventando una presenza sempre più importante all’interno delle fabbriche e delle aziende. Perché? Perché consentono a tutti di realizzare piccoli oggetti a basso costo, scegliendo materiali e forme. Tuttavia, non è poi così immediato capire come una stampante di questo tipo funzioni, cosa permetta di realizzare e quali siano i suoi vantaggi.

Innanzitutto, perché si chiama stampa 3D? Viene utilizzato il termine stampa perché la tecnica alla base, fatte le dovute proporzioni, ricorda quella utilizzata dalle stampanti laser: l’utente realizza un progetto su un software per la stampa 3D e poi lo invia alla stampante affinché lo possa realizzare.

Il procedimento è molto simile a quello che utilizziamo per stampare dei documenti con la periferica che abbiamo a casa: in pochi minuti, la sottilissima testina costruisce davanti ai nostri occhi il progetto, forgiando il materiale prescelto strato dopo strato.

STORIA DELLA STAMPA 3D

Gli inizi risalgono ufficialmente al 1982, quando il signor Chuck Hull inventò la stereolitografia, e, fondando la 3DSystems – azienda ancora saldamente all’apice nel settore – diede vita al primo esempio commerciale di rapid prototyping, e del formato STL.

Nel 1985 presenta il brevetto e lo ottiene nel 1986. Il passo successivo fu quello di fondare la sua azienda e partire con la distribuzione di stampanti 3D dagli anni 90. Lui gettò le basi e aprì la strada a tutti coloro che lo seguirono, pur rimanendo lui stesso e la sua azienda al passo con le innovazioni – infatti il concetto da lui brevettato di oggetti fisici creati come sequenza di strati 2d sovrapposti è valido ancora oggi.

Nel 1988 il signor Crump brevettò la Fused deposition modeling – ovvero la stampa 3D con materiale fuso. Mette da parte sia il laser, sia la polvere e utilizza plastica fusa da “spalmare” strato per strato in funzione dell’oggetto.

Nel 1993 è il turno del MIT – l’Institute of Technology con sede a Boston. La 4° tecnologia di stampa è quella che permette di stampare a colori – fino a un massimo di 28 – definita “Three dimensional printing”. Oltre a stampare a colori è una tecnologia utile e costosa per stamapre oggetti molto fedeli alla realtà.

Nel 2005 la Mcor Technologies Ltd – società Irlandese – da inizio al Paper 3d laminated printing. Si tratta di una macchina che sovrappone fogli di carta su cui a loro volta si è stampato. Il risultato è un metodo additivo che però consente l’utilizzo dei colori, tutti i colori.

Arriva il punto di svolta. Sempre nel 2005, grazie al principio del Self replicating rapid Prototyper si ha la vera e propria svolta nel mondo delle stampanti 3d. Da questo momento si spalancano le porte per la produzione e innovazione delle stampanti domestiche. Cosa è successo? La vera rivoluzione è avvenuta in Inghilterra e consiste nell’aver creato una stampante 3d che riproduce sé stessa.

COME FUNZIONA LA STAMPA 3D

Il motivo della rapida diffusione delle stampanti 3D è fondamentalmente uno: la facilità d’uso. Il tutto unito a una duttilità unica d’impiego e ai costi relativamente bassi. La parte fondamentale resta la progettazione dell’oggetto da costruire, che va fatta al computer con un programma apposito. Il documento da mandare in stampa deve contenere tutti i dettagli del prodotto finale: dalla lunghezza alla profondità, fino ai materiali da utilizzare.

In genere, il formato usato per salvare un progetto da mandare in stampa è il Stl (Standard Triangulation Language To Layer), un formato che scompone il progetto in triangoli grafici in modo che per la stampante sia facile riprodurre il disegno iniziale.

Per capire come funziona una stampante 3D dobbiamo pensare alla stampa 2D utilizzata solitamente per i documenti, ovvero sia le tradizionali stampanti conosciute e usate da tutti a casa o in ufficio. La differenza principale sta nella testina che, nel caso di una stampante 3D, è sostituita da un estrusore che – invece che l’inchiostro – impiega i polimeri dei materiali scelti. I filamenti in forma di granuli sono riscaldati, fusi e stratificati ad alta temperatura fino all’ultimazione del processo di costruzione.

L’ESTRUSORE DELLA STAMPANTE 3D

L’estrusore è il cuore di una stampante 3D, dal momento che si occupa delle tre fasi fondamentali nel processo di stampa: il passaggio dei polimeri dal serbatoio alla fase di riscaldamento, la fusione dei filamenti e – infine – la fuoriuscita degli stessi dall’ugello per la fabbricazione dell’oggetto. Ovviamente come la testina anche l’estrusore è mobile: si muove su e giù, e a destra e sinistra.

I MATERIALI UTILIZZATI

Ogni anno i materiali usati nella stampa 3D si modificano in base alle nuove scoperte e alle innovazioni che la tecnologia porta in questo settore. Oggi esiste un’ampia varietà di materiali utilizzabili dalle stampanti 3D, disponibili in forme differenti (polvere, filamenti, pallet, granuli, resine, ecc.), che variano a seconda dell’utilizzo che se ne deve fare. Salvo alcuni modelli di nicchia che usano materiali molto particolari come ceramiche o paste dentarie, la maggior parte delle stampanti ha standardizzato i suoi materiali.

Molto spesso, nel processo di stampa 3D di sinterizzazione, o come filamento nel processo FDM (Filament deposition manufactoring), si utilizza il nylon: il filamento della cartuccia viene prima fuso dall’estrusore e poi depositato strato su strato sino a costruire l’oggetto desiderato. Flessibile e resistente, il nylon è molto apprezzato anche perché di colore bianco e quindi adatto a essere colorato prima o dopo la stampa. Inoltre, mischiato con l’alluminio dà vita a un altro materiale usato nella stampa 3D: l’alumide.

Largamente utilizzato è anche l’ABS (acronimo di Acrilonitrile butadiene stirene), soprattutto per la produzione di oggetti duri e resistenti. Il filamento viene fuso a circa 250 gradi prima di poter essere utilizzato per la realizzazione di oggetti di qualunque genere, e si trova praticamente in ogni sfumatura di colore. Riciclabile, non è biodegradabile come lo è invece il PLA (acronimo di Acido polilattico) che – sebbene non sia particolarmente resistente o flessibile – è apprezzato per la sua varietà di colori (esiste anche trasparente).

MATERIALI METALLICI

Tra i materiali metallici più utilizzati troviamo l’acciaio. Impiegato nei processi di sinterizzazione o fusione, è di color argento ma può essere rivestito con altri materiali per assumere toni dorati o bronzei. Anche oro e argento vengono spesso usati nella stampa 3D per creare particolari gioielli stampati da artisti e artigiani, mentre per chi cerca la resistenza il materiale più usato e consigliato è il titanio.

CIBO STAMPATO IN 3D

Le stampanti 3D per il cibo sono in continua evoluzione. I materiali più usati al momento sono il cioccolato e lo zucchero, con quest’ultimo che viene impiegato per realizzare particolari decorazioni su torte e dolci. Ultimamente qualche produttore ha iniziato a utilizzare le stampanti 3D per la pasta e la carne e si pensa che, in futuro, questi macchinari potranno produrre i cibi in base alle esigenze delle persone per adattarsi a intolleranze e allergie.

DISPOSITIVI MEDICI STAMPATI IN 3D

Un importante campo d’applicazione della stampa 3D è quello medico. Grazie a questa particolare tecnologia è infatti possibile produrre davvero anche “oggetti” molto avanzati: orecchi bionici, placche per trapianti di cranio e facciali, incubatrici neonatali, organi, tessuti, ossa. La ricerca in questo senso non accenna a fermarsi, e gli studiosi sono ottimisti circa le possibilità che le stampanti 3D potranno in futuro offrire alla medicina.

TIPOLOGIE DI STAMPANTI

STAMPANTE A RESINA

Le stampanti 3D a resina fotosensibile utilizzano una resina appunto fotosensibile per andare a realizzare un oggetto. Esistono due tecnologie a resina:

  • SLA (steriolitography) utilizza un processo di fotopolimerizzazione mediante fascio laser per solidificare una resina liquida. I principali limiti sono determinati dalla scarsa reperibilità, potenziale tossicità e costo elevato delle resine fotosensibili, dalla scarsa resistenza meccanica dei prototipi.
  • DLP (digital light processing), una vasca di polimero liquido è esposto alla luce di un proiettore DLP in condizioni di luce inattinica. Il polimero liquido esposto si indurisce. La piastra di costruzione poi si muove in basso in piccoli incrementi e il polimero liquido è di nuovo esposto alla luce. Il processo si ripete finché il modello non è costruito. Il polimero liquido è poi drenato dalla vasca, lasciando il modello solido.

STAMPANTE A POLVERE

Le stampanti 3D a polvere sinterizzata laser utilizzano un fascio laser per andare a realizzare l’oggetto. Esistono alcune varianti:
SLS Ha una fusione selettiva di un mezzo stampato in un letto granulare. In questa variazione, il mezzo non fuso serve a sostenere le sporgenze e le pareti sottili nella parte che viene prodotta, riducendo il bisogno di supporti ausiliari temporanei per il pezzo da lavorare. Normalmente si usa un laser per sinterizzare il mezzo e formare il solido. Esempi di questa tecnica sono l’SLS (selective laser sintering) e il DMLS (direct metal laser sintering), che usano metalli.

STAMPANTI PER METALLI

Le Stampanti 3D per metalli utilizzano un fascio laser ad elevata potenza per andare a realizzare un oggetto in metallo. Esistono alcune varianti:
SLM (Selective Laser Melting): questa tecnica fonde totalmente il materiale in modo selettivo, utilizzando un laser ad alta energia. Il vantaggio è che le proprietà meccaniche e fisiche dell’oggetto sono praticamente identiche a quelle di un modello ottenuto per fusione tradizionale, senza le criticità (es. fragilità) tipiche dei materiali sinterizzati

EBM (Electron beam melting): ovvero “Fusione a Fascio di Elettroni”; è una tecnologia mediante la quale una sorgente di elevata energia, composta da un fascio opportunamente concentrato e accelerato di elettroni, colpisce un materiale in forma “micro granulometrica” provocandone la fusione completa (nel nostro caso saranno i metalli). Il processo di produzione è completamente sottovuoto.